Guida a Orizzonti: i lungometraggi

Film d’apertura

Catherine Breillat, La Belle Endormie (The Sleeping Beauty) (Francia)

La Bella Addormentata recupera la natura tragica del racconto originario. Il sonno della principessa Anastasia è intessuto di scene oniriche ma girate in  ambienti reali. La continuazione del progetto iniziato con un altro racconto “rivisitato” di Perrault, Barbablù.  

Profonda indagatrice della sessualità in tutte le sue forme, Catherine Breillat è da sempre simbolo di un cinema in cui la trasgressione supera i confini della semplice provocazione per diventare strumento di liberazione e purificazione. La passione, incontrollabile e imprevedibile, è al centro della sua opera ed è spesso la fonte del dramma nelle sue storie poiché, come lei stessa ha dichiarato, “quanto più la passione è forte, tanto più è legata alla sofferenza, la propria e quella degli altri”.

Catherine Breillat è stata più volte protagonista alla Mostra di Venezia: nel 2000 per aver scritto la sceneggiatura di Selon Matthieu di Xavier Beauvois, e nel 2001 per aver presentato Brève traversée, storia di una trentenne disillusa e disgustata dagli uomini e dall’amore, che seduce ed è sedotta da un sedicenne. Fra i suoi lavori, vanno ricordati anche Movimenti notturni (Tapage nocturne, 1979); Vergine taglia 36 (36 filette, 1987), presentato al Festival di Locarno, con Jean-Pierre Léaud; Sale comme un ange (1991); Romance (1999) con Rocco Siffredi; Sex is comedy (2002); Pornocrazia (Anatomie de l’enfer, 2003); Une vieille maîtresse (2006), presentato in concorso al 60. Festival di Cannes.

Film di chiusura

Hong Sang-soo, Okieui young-hwa (Oki’s Movie) (Corea del Sud)

Un racconto in quattro capitoli dove passato e presente, realtà e ricostruzione cinematografica, desiderio e frustrazione, memoria e menzogne frammentano e ricompongono le cronache di un menage à trois. Un giovane cineasta, il suo anziano professore di cinema e la bella Oki disegnano un trittico di punti di vista difformi su cui Hong Sang-soo proietta e rilancia il suo quesito ossessivo: può il cinema esimersi dall’univocità di racconto allorché intesse le soggettività contrastanti di personaggi rapiti (e traditi) dai sentimenti? La risposta è una briosa e spiazzante polifonia.

Figura prominente del nuovo cinema coreano dell’ultimo quindicennio, Hong Sang-soo ha ad oggi diretto undici lungometraggi. Il suo debutto The Day a Pig Fell Into the Well vinse il Tiger Award al Festival di Rotterdam, ed è oggi considerato l’incipit del nuovo cinema coreano. La ricerca di architetture complesse della scrittura cinematografica, sovente mascherate da una semplicità di superficie, caratterizza tutta l’opera di Hong e gli ha conquistato i favori della critica cinematografica più esigente. Tra i suoi lavori più significativi: The Power of Kangwon Province (1998), Virgin Stripped Bare by Her Bachelors (2000), presentati al Festival di Cannes, Night and Day (2008), presentato in concorso a Berlino e Hahaha (2010), vincitore della sezione Un Certain Regard di Cannes 2010.

John Akomfrah, The Nine Muses (Regno Unito)

Il film raccoglie testi, materiale di repertorio dal 1951 al 1981, musiche ed immagini di un mondo ghiacciato e deserto, per costruire una rappresentazione della memoria dei lavoratori migranti di Gran Bretagna. Nove muse, nove “modi” del racconto. Un viaggio nel passato che si insegna a vedere nel presente.

Regista, critico e sceneggiatore nato ad Accra (Ghana) nel 1957, John Akomfrah è stato co-fondatore del Black Audio Film Collective di Londra. Da Handsworth Songs (1986) vincitore del prestigioso Premio John Grierson , a Speak Like a Child (1998) o Seven Songs for Malcom X con Spike Lee (1993), Akomfrah rivisita le convenzioni narrative del documentario e della fiction, in particolare per esplorare la storia delle comunità di colore.

Noël Burch, Allan Sekula, The Forgotten Space (Olanda/Austria)

To rule the sea is to ruin the world. Lo spazio dimenticato del nostro tempo è il mare. È lì che la globalizzazione diventa più visibile (e violenta). Elemento chiave di questo processo, iniziato dopo la Seconda Guerra Mondiale, sono i contenitori per le navi-cargo. Il container è l’oggetto primario della fabbrica globale. Il container come un vaso di Pandora?

Nato a San Francisco e stabilitosi in Francia durante gli anni ’60, Noël Burch ha scritto uno dei manifesti della nuova critica, ha Praxis du cinema (1969), un testo che ha ottenuto grande successo in Francia e negli Stati Uniti, ma anche in Italia e in tutta Europa. Dopo aver collaborato ai Cahiers du Cinema dal 1968 al 1972, ha diretto la collezione “Cineastes de notre temps” dal 1966 al 1971. Il suo libro La Lucarne de l’infini, pubblicato nel 1991, si interroga sulla storia dello sguardo e della percezione. Ha diretto e co-diretto alcuni film lunghi (Red Hollywood, 1995; Aller simple, trois histories du Rio de la Plata, 1995) e corti. Lavora con Genevieve Sellier sullo studio dei generi (La drole de guerre de sexes dans le cinema francais, 1930-1956).

Artista, scrittore e critico americano, docente al California Institute of the Arts, Allan Sekula è ricorso alla fotografia per la creazione d’installazioni, di libri e di film. I suoi testi si combinano alle immagini, dando origine ad una critica, a più livelli, del capitalismo contemporaneo. Il suo lavoro è incentrato su ciò che lui descrive come “le geografie immaginarie e materiali del capitalismo avanzato”. Ha esposto presso diversi istituzioni d’arte contemporanea europee.

www.theforgottenspace.net

Amit Dutta, Nainsukh (India)

Nainsukh  (1710–1778), nato in una famiglia di pittori, figlio minore del Pandit Seu, che viveva a Guler, in una regione collinare dell’India settentrionale. Intorno al 1740 entra al servizio del raja Balvant Dev Singh di Jasrota e vi rimane fino alla morte del raja, nel 1763. In quell’anno Nainsukh si reca in pellegrinaggio a Hardwar, dove erano state portate anche le ceneri del raja per immergerle nel Gange. Qui  scrive una nota informativa molto lunga sul registro dei preti, con un piccolo squisito disegno. Intorno al 1765 si trasferisce a Basohli, dove rimane forse fino alla morte. Tra i suoi dipinti, ritratti del raja, il più famoso dei quali è “Raja Balwant Singh che uccide una tigre”, ritratti di altre figure della corte, oltre a un autoritratto dipinto prima che avesse vent’anni, e ritratti del padre e del fratello maggiore Manaku. Influenzato dalla pittura mughal, Nainsukh rimane tuttora il più famoso pittore pahari (lett. “di montagna”)

Amit Dutta è nato in India nel 1977. Prima di diventare regista è stato critico letterario e giornalista. I suoi cortometraggi hanno vinto diversi premi in festival internazionali, tra cui  quello FIPRESCI al festival di Oberhausen, e sono stati proiettati in diverse gallerie d’arte e musei, inclusa la Tate Modern e il Centre Pompidou. Ha insegnato al  National Institute of Design (NID) di Ahmedabad (India) e attualmente lavora a Jammu. Il suo primo lungometraggio, The Man’s Woman and Other Stories (Aadmi ki aurat aur anya kahaniya, 2009), ha partecipato alla 66. Mostra nel concorso Orizzonti, vincendo la Menzione Speciale della Giuria.

Lluís Galter, Caracremada (Spagna)

Dopo la presa di potere di Franco in Spagna, l’organizzazione anarchica CNT entra in clandestinità, i suoi militanti (rifugiati in Francia) varcano i Pirenei per azioni di sabotaggio. Quando la CNT, di fronte al fallimento di queste azioni decide di rinunciare alle attività sul territorio spagnolo, Ramon Vila, alias Caracremada, decide di continuare, da solo. Il riferimento stilistico del film è certo Robert Bresson, ma non va sottovalutato l’apporto della conoscenza intima, da parte del regista, dei paesaggi e della storia della sua regione, la Catalogna.

Caracremada rappresenta l’esordio nel lungometraggio per il catalano Lluís Galter, nato nel 1983 a Figueres. In precedenza ha diretto diversi documentari e cortometraggi tra i quali Kapr (2006) e Exemple de l’Agró (2007), omaggio al regista nipponico Imamura Shohei.

Giuseppe Gaudino, Isabella Sandri, Per questi stretti morire – Cartografia di una passione  (Italia)

Il fantasma di un esploratore con tonaca e cinepresa torna nei luoghi della Terra del Fuoco cui dedicò la vita. È Padre Alberto Maria De Agostini (1883-1960) missionario e cineasta innamorato di un popolo e di una natura irraggiungibile. Passato e presente si intrecciano, ricostruzione poetica e documentario si mescolano. Grazie ad immaginifiche animazioni a passo uno, torna in vita un mondo scomparso e dimenticato, magico e terribile: un letto diventa un continente, un piede gigante calpesta le memorie dell’Occidente.

Isabella Sandri nasce nel 1957 a Rovigo. Dopo il diploma al Centro Sperimentale di Roma realizza diversi corti. Lavora con Giuseppe Gaudino dal 1988. Nel 1995, il suo primo lungometraggio intitolato Il mondo alla rovescia viene “adottato” dal circuito internazionale dei festival. Giro di Lune tra Terra e Mare (1997), di cui è co-sceneggiatrice, è in concorso alla 54. Mostra di Venezia. Nello stesso anno, Gli Spiriti delle Mille Colline (1997), documentario sulle donne africane scampate al massacro in Rwanda, è presentato alla Mostra di Venezia e vince un premio al festival di San Francisco e il premio Libero Bizzarri come miglior documentario. Sempre a Venezia presenta Animali che attraversano la strada (2000), I quaderni di Luisa (2001) e Materiali a confronto. Albania-Italia 1994-2002 (2003). La zattera di sabbia (2003) ha vinto il premio speciale della giuria al Torino Film Festival.

Giuseppe M. Gaudino (Pozzuoli, 1957) si è diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Nel 1983 fa il suo esordio con il documentario Antrodoco, una storia per due battaglie. Nel 1992 ha realizzato Joannis Amaelii, anima vagula e blandula, backstage di Il ladro di bambini di Gianni Amelio. Giro di lune tra terra e mare (1997), suo primo lungometraggio, è in concorso a Venezia. Insieme a Isabella Sandri, con cui collabora dal 1988, ha girato il documentario La casa dei limoni (1999) sui bambini palestinesi nei campi di Sabra e Shatila. Scalamara (2001) fa parte della sezione Nuovi Territori della Mostra di Venezia, così come Materiali a confronto. Albania-Italia 1994-2002, nell’edizione del 2003.

José Luis Guerin, Guest (Spagna)

Molti registi girano il pianeta per presentare i loro film in festival o manifestazioni di cinema, ma pochi ne hanno fatto un’occasione di raccontare il nostro mondo con un film che scaturisca da quell’esperienza. Ricordando l’amico Jonas Mekas, Guerin riprende, da Venezia a New York, dalla Cina all’America latina, momenti di vite e di parole, che poco a poco costruiscono ciò che lui (un “guest”, un invitato di passaggio) ha intuito: viviamo in un mondo in preda al timore del Diluvio Universale, scosso da procelle e fulmini, insicuro e fragile, ma dove rimane sempre intatta la magia dell’incontro.

José Luis Guerin nasce nel 1960 a Barcellona. Inizia la carriera di cineasta verso la metà degli anni ’70, realizzando film sperimentali. Nel 1985 gira il suo primo lungometraggio, Los Motivos de Berta: Fantasía de Pubertad. Nel 1990 dirige Innisfree, presentato a Cannes nella sezione Un Certain Regard, mentre En Construcción (2001) è premiato al Festival di San Sebastian. Nel 2007, En la Ciudad de Sylvia è in concorso alla 64. Mostra di Venezia. Sempre nel 2007 è il curatore del Padiglione spagnolo alla 52. Esposizione d’Arte della Biennale di Venezia, alla quale partecipa con l’installazione video Las Mujeres que no conoscemos.

Laura Amelia Guzmán, Israel Cárdenas, Jean Gentil (Repubblica Domenicana)

Un mattino a Santo Domingo inizia per Jean, un anziano insegnante haitiano, un viaggio sempre più disperato, alla ricerca di un posto nel mondo e di una ragione per vivere. Come un Umberto D di Haiti, l’uomo si dissolve nella realtà che lo circonda. Il rigoglio dei paesaggi dell’isola non riesce più a dissimulare i tormenti dei suoi abitanti.

Nata a Santo Domingo nel 1980, Laura Amelia Guzmán ha studiato cinema a Cuba, dirigendo diversi cortometraggi e documentari, tra cui Antesala, che è stato selezionato per la competizione internazionale al Cinema du Réel di Parigi. Dal 2004 Israel Cárdenas divide con lei la sceneggiatura, la regia e la produzione dei loro nuovi progetti. Il loro primo lungometraggio, Cochochi, è stato presentato alla Mostra di Venezia nel 2007, nella sezione Orizzonti.

http://lauramelia.blogspot.com/

Huang Wenhai, Xifang qu ci bu yuan (Reconstructing Faith) (Cina)

Huang Wenhai, Qiao (Crust) (Cina)

Il documentarista cinese Huang Wenhai (menzione speciale della Giuria Orizzonti 2009 per Women / Noi) continua ad esplorare il presente e le possibili vie dell’avvenire del suo paese con due nuove opere. Il corto Qiao cattura un momento nella realtà della prosperità cinese: la rinascita dell’economia “compra dora” – le condizioni durissime di un cantiere navale dove si costruiscono navi per la Germania. Xifang quci bu yuan documenta con tenerezza, emozione e speranza come una comunità buddista provi a inventare altri rapporti sociali ed altri modi di organizzazione, cominciando dal prendersi cura dei deboli, dei malati e di chi scompare nell’indifferenza.

I film del quarantenne Huang Wenhai sono stati presentati in tutti i maggiori festival di cinema documentario e molto spesso premiati:  dopo Junxunying jishi (Allenamento militare, 2003) comincia con Xuanhua de chentu (Polvere stridente, 2004) e Mengyou (I sonnambuli, 2006) la sua “trilogia dell’assurdo”. Women (Noi) ha vinto la menzione speciale della Giuria Orizzonti 2009.

 

Patrick Keiller, Robinson in Ruins (Regno Unito)

Dopo London (presentato alla Berlinale nel 1994) e Robinson In Space (1997), è la voce di Vanessa Redgrave a sostituirsi a quella di Paul Scofield per raccontarci il nuovo viaggio nell’Isola (Inghilterra) di Robinson. Robinson è l’invisibile erudito professore che ostinatamente scruta la realtà, esamina segni e tracce, strade banali o monumenti celebri, accumulando documenti, testi e citazioni. Facendo man mano diventare infernali immagini apparentemente innocui, un’analisi implacabile della crisi del 2008.

Uno dei più importanti rappresentanti del cinema inglese, Patrick Keiller è nato a Blackpool nel 1950. Studia architettura a Londra e poi arte al Royal College of Art. Il suo primo film è Stonebridge Park (1981) seguito da Norwood (1983), The End (1986) e Valtos (1987), tutti film caratterizzati da una tecnica cinematografica molto personale, basata sull’uso di inquadrature in soggettiva e del testo fuori campo. La stessa tecnica è utilizzata da Keiller anche nei suoi film successivi, London (1994) e Robinson in Space (1997).

Marianne Khoury, Mustapha Hasnaoui, Zelal (Egitto)

Cronache da un manicomio. La città è Il Cairo, le pareti sono scrostate, il degrado è ottundente quanto lo è la dondolante quotidianità dei pazzi che lo abitano. I registi osservano con doloroso rigore una realtà sconosciuta e, per molti versi, sconvolgente. La follia – sembrano suggerire – è parto amaro della mancanza d’amore e della repressione sociale. Le parole “folli” spesso sono espressioni di represse verità.

Marianne Khoury, nata al Cairo nel 1958, è stata collaboratrice e produttrice di Youssef Chaine,  regista simbolo della cinematografia egiziana. Il suo primo documentario  “Women who loved cinema” (2002) fa  parte del progetto “Women…Pioneers”, serie di documentari su donne pioniere del mondo arabo.

 Mustapha Hasnaoui è nato nel 1952 in Tunisia. Regista e documentarista, specializzato in ritratti d’arte, con “Essyad, musicien” nel 1994 approda al festival di Cannes. Tra i suoi film il pluripremiato Max Deutsch, un pédagogue rebelle del 1999 e Au temp du Ramadan del 2001.

Kim Gok, Kim Sun, Bangdokpi (Anti Gas Skin) (Corea del Sud)

Un affresco del malessere sociale e politico della Corea odierna, tra satirico, surreale e fantastico. Un assassino seriale che veste permanentemente una maschera antigas semina il terrore. Quattro personaggi si mettono sulle sue tracce nel giorno delle elezioni: una ragazza-lupo a guida di una setta di giovani che pianificano il suicidio collettivo, il supereroe fallito Super Bo-sik, un marine americano sull’orlo della follia e il candidato favorito per la poltrona di sindaco di Seoul, che ha ricevuto un’inquietante minaccia di morte. Ma l’assassino è ovunque o forse semplicemente dentro ciascuno di noi.

Figure faro del panorama indipendente digitale coreano, i fratelli Kim Gok e Kim Sun hanno esordito sulla scena internazionale a Venezia nel 2001 con il mediometraggio Anti-dialectic. Hanno poi aperto il Forum di Berlino 2004 con il lungometraggio Capitalist Manifesto: Working Men of All Countries Accumulate!. Il successivo Geo-Lobotomy è stato premiato al Festival di Vancouver 2006. Oltre a continuare la pratica della forma corta in lavori che esplorano le possibilità combinatorie di immagini e suono, i fratelli Kim hanno diretto separatamente Exhausted (Kim Gok, 2008) e Self Referential Traverse (Kim Sun, 2010).

 

Paul Morrissey, News from Nowhere (Stati Uniti)

Un clandestino argentino a Montauk, l’estrema punta orientale di Long Island, incontra ciò che rimane del sogno americano: consumismo drasticamente impoverito e  vuoto morale definitivo, in cui chiunque può essere venduto o lasciato morire su una spiaggia. Il regista di Flesh, Trash e Heat guarda con occhio attonito un mondo in cui non può riconoscersi. Dal passato emerge un disincantato testimone: la superstar warholiana Viva, che ora dipinge e discute di chirurgia plastica. Un film che tesse un filo rosso con la produzione più segreta e personale di Morrissey, quella che va da Madame Wang’s a Mixed Blood.

Paul Morrissey nasce a New York City nel 1938. La sua carriera di regista indipendente ha inizio nei primi anni ‘60. Nel 1965 inizia la collaborazione con Andy Warhol, con cui realizza una serie di film sperimentali (tra cui il celebre Chelsea Girls del 1966), e che terminerà a metà degli anni ‘70. Nella sua lunga carriera da regista, anche un originale adattamento di Frankenstein (Flesh for Frankenstein, 1973) e il cult-movie Dracula cerca sangue di vergine… e morì di sete!!! (1974).

http://www.paulmorrissey.org

 

João Nicolau, A Espada e a Rosa (The Sword and the Rose) (Portogallo)

Manuel dice addio alla sua vita abitudinaria a Lisbona e si imbarca su una caravella portoghese del XV secolo, dove vigono ancora le leggi della pirateria. Una volta a bordo, un tradimento scatena una serie di avvenimenti terribili che il protagonista cerca di superare senza venire meno ai propri principi morali. Un grande film di avventure marinare, una sorprendente commedia dell’assurdo.

Il regista portoghese João Nicolau nasce a Lisbona nel 1975. Approda al cinema dopo studi antropologici, realizzando nel 1999 il documentario Calado não Dá e collaborando al montaggio dei film diretti da João César Monteiro, Margarida Gil e Miguel Gomes. Rapace, suo primo cortometraggio di finzione, vince il primo premio al Festival di Vila do Conde. 

 

F. J. Ossang, Dharma Guns (Francia)

Risvegliandosi dal coma, dopo un incidente di sci d’acqua nel quale è rimasta uccisa la fidanzata Délie, Stan van der Decken apprende di essere l’erede del misterioso Professor Starkov. Si imbarca quindi verso il paese di Las Estrellas, dove viene accolto da Jon, un supposto amico d’infanzia, e dal dottor Lisandro Ewers. Il professor Starkov, che potrebbe essere il padre di Délie, ha messo a punto un procedimento soprannominato “Doppio genetico”. Che Stan e Délie siano stati le cavie dello strano esperimento del geniale farmacologo?

F.J. Ossang (presidente della giuria Corto cortissimo della 64. Mostra), regista, scrittore e musicista pioniere del rock alternativo, si serve degli stilemi di “genere” per creare un proprio linguaggio cinematografico che incrocia Godard e Lynch,  Burroughs e la musica punk, mescolando l’idealismo ribelle e romantico, la sventatezza adolescenziale alla disillusione rabbiosa della maturità, creando opere di forte impatto e originalità. Ricordiamo L’Affaire des Divisions Morituri (1984), Le Trésor des Iles Chiennes (1991), Docteur Chance (1998) con Joe Strummer, ex-cantante dei Clash, e i corti La Dernière Enigme (1982), in collaborazione con William S. Burroughs per la colonna sonora, e Silenzio (2007). I suoi film sono stati presentati a Cannes (Quinzaine des réalisateurs), Locarno, Rotterdam e negli altri principali festival internazionali.

 

Nicolas Pereda, Verano de Goliat (Messico)

Golia avrebbe ucciso la fidanzata, lo dicono tutti nel villaggio, anche i bambini. Una moglie è stata abbandonata dal marito, due soldati seminano il terrore. Con incredibile vigore narrativo, documentario e finzione si uniscono in un impercettibile, raro e riuscito connubio capace di esprimere la violenza del quotidiano come quella di un’intera società. 

I film di Nicolas Pereda (nato in Messico nel 1982) sono stati presentati a Toronto, Rotterdam, Cannes e San Sebastian. Raccontano la terra e il popolo del Messico incrociando finzione e documentario. I suoi lavori sono Perpetuum mobile (2009), presentato ai festival di Cannes e San Sebastian; Entrevista con la tierra (2009), presente a Toronto, Rotterdam ed Edimburgo e, ancora,  Juntos (2009), ¿Dónde están sus historias? (2007), Todo, en fin, el silencio lo ocupaba (2010).

 

Gianfranco Rosi, El Sicario, Room 164 (Francia)

La stanza anonima di un motel. Un uomo con il viso nascosto da un velo nero. Un quaderno dove l’uomo traccia schemi e organigrammi. L’uomo è messicano. Il racconto di una biografia di sangue al servizio dei cartelli dei narcotrafficanti.

Dopo aver filmato l’esistenza quotidiana di un barcaiolo di Calcutta (Boatman, 1993 – premiato a Locarno e Sundance) e quella di una nota comunità di homeless ai margini del deserto californiano, il cineasta Gianfranco Rosi (Premio Orizzonti Doc. e Doc/It 2008 a Venezia per il suo primo lungometraggio Below Sea Level; già alla Mostra con il corto Afterwords, nel 1999) continua il percorso apolide del suo cinema temerario e nomade, dolce e attentissimo con questo nuovo, radicale, ritratto di (una) vita.

Maher Abi Samra, Sheoeyin kenna (When We Were Communists) (Libano)

Un cineasta torna a Beirut. Vi ritrova i suoi vecchi compagni, ex-militanti come lui del Partito comunista libanese. La guerra civile, la ricostruzione, lo sradicamento dell’oggi hanno fatto saltare le convinzioni e l’impegno. La memoria (raccontata, ricostruita, messa in scena con cura estrema) come cura contro la frammentazione in comunità religiose in conflitto tra loro e la minaccia del fondamentalismo.

Il libanese Maher Abi Samra è noto per il suo lavoro sulla memoria del Libano, sullo stato del paese dopo la guerra, sulle tensioni del presente. Il tutto in uno stile che evita qualsiasi spettacolarizzazione e privilegia la sensibilità e l’attenzione alle parole, ai luoghi e ai volti delle persone. Ha ricevuto riconoscimenti in numerosi festival (anche in Italia), per film come Women of Hezbollah (2001), Carrefour Chatila (2004) e i corti Mariam (2006) e Merely a Smell (2007).

Pasquale Scimeca, Malavoglia (Italia)

Nuove dai Malavoglia. La storia è antica, la Sicilia è contemporanea. Nel romanzo-manifesto verista, Scimeca cerca e trova occasione di un racconto moderno e abilmente fa vestire a questa famiglia di pescatori, dolore e lingua dei vinti verghiani. Ma più di un secolo non è passato invano, e un perfetto riscatto potrebbe non esser più merce proibita per ‘Ntoni e i suoi.

Pasquale Scimeca, palermitano classe 1956, regista, sceneggiatore e documentarista, abile e coraggioso narratore delle storie della sua terra e del suo tempo, a Venezia ha presentato nel 1993 il suo film d’ esordio “Il giorno di san Sebastiano”, nel 2000 “Placido Rizzotto” e nel 2005 (alle Giornate degli Autori) “Storia di Giosuè l’ebreo”. Da Verga, autore che lo appassiona,  ha tratto anche una versione di “Rosso Malpelo” (2007).  

 

Sono Sion, Tsumetai Nettaigyo (Cold Fish) (Giappone)

Shamoto gestisce un negozio di pesci tropicali. La seconda moglie non va d’accordo con la figliastra Mitsuko. Un giorno, sorpresa a compiere un furto in un supermercato, Mitsuko viene salvata dal signor Murata, un uomo che svolge la stessa professione del padre e che le offrirà di lavorare con lui. Avrà così inizio un viaggio nell’orrore – ma il film è anche una riuscitissima commedia satirica sul Giappone della corsa al successo.

Nato a Toyokawa, Sono Sion frequenta l’università di Housei e nel 1985 debutta al cinema col cortometraggio I am Sion Sono!!. Nel 1992 vince il premio della giuria al Tokyo Sundance Film Festival con il thriller Heya (The Room, 1992). Nel 2002, Sion Sono ottiene fama internazionale col film Jisatsu Sâkuru (Suicide Club), la storia di ragazzi coinvolti in una serie di suicidi di gruppo. Con Ai No Mukidashi (Love Exposure, 2008) ottiene importanti riconoscimenti al Fant-Asia Film Festival e al festival di Berlino.